CHE CI IMPORTA DELLA MORTE


Quando ero bambina, un giorno, mi fu detto che una persona che conoscevamo, un farmacista del paesello dove andavamo sempre in vacanza e nella cui farmacia io passavo intere giornate, era morto.
Quella è stata la prima volta che la morte è entrata nella mia vita.
Ricordo l’esatto momento in cui quella cosa, per me sconosciuta, è entrata a far parte di me.
E’ durato un attimo, un solo secondo di sgomento e poi è passato.
Ho pensato, ho sentito che era normale e che non c’era niente di male in tutto questo.
Non riuscivo ad essere triste o infelice, era solo qualcosa di naturale.
Questa stessa sensazione mi è rimasta per sempre, alla perdita dei mie nonni, delle zie con le quali ero cresciuta, della maestra delle elementari… ogni “perdita” della mia vita non ha mai costituito un trauma.
Forse ero semplicemente una persona insensibile e dal cuore di pietra, ma quello che pensavo era semplicemente: “Eh vabbè, fa niente, è normale che sia così, si muore”.
I miei genitori non mi avevano mai parlato di questo argomento, ma io con Eli, con la mia piccola Eli ne ho sempre parlato nei termini di qualcosa di semplicemente naturale e normale.
Per me la morte non è mai stato un tabù o un segreto da nasconderle.
Eli, come molti bambini, verso i due anni amava sterminare plotoni di formiche o di piccoli insetti. Stava lì a guardarli lavorare indaffarati nel loro piccolo mondo e poi li giustiziava con le sue piccole ditina innocenti.
Io le spiegavo che questo non andava bene, che non era giusto, perchè quella era la loro (seppur piccola) vita ed andava rispettata, perché quando lei li uccideva, loro morivano e non potevano più fare niente. Perché quando si muore non si può più vedere il sole o le cose belle del mondo, non si possono fare più le cose che ci piacciono, mai più.
E per lei andava bene così.
Per la proprietà transitiva, anche quando sono le persone a morire, a loro accade come per le formiche. Non possono più vedere il sole, le cose del mondo e fare le cose che gli piacciono. Ma è normale che sia così.
Per noi la morte non è un tabù, a noi non fa paura e non crea angosce perché l’abbiamo vissuta e gliel’ho raccontata sempre per quello che in effetti è, qualcosa di naturale.
“E dopo cosa succede?”. Eli vuole sempre approfondire le tematiche che la incuriosiscono.
Anche questa volta le ho voluto dire la verità e cioè che non si sa, anzi che nessuno lo sa perché nessuno è morto e poi è tornato per raccontarcelo.
Le ho detto che c’è chi pensa che si vada in cielo, chi pensa che si vada in Paradiso, chi pensa che si nasca di nuovo per fare un’altra vita nuova e diversa. Insomma che la morte e tutto quello che ne consegue è il più grande mistero della vita. Della vita di tutti noi.
Forse sono discorsi troppo elevati per bambini così piccoli, ma in fondo io penso che la verità sia sempre la più cosa più semplice e comprensibile, anche per un bambino.

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