– Francesca & Sofia –

Il 15 luglio del 2014 è stato il giorno più bello e contemporaneamente il più brutto della mia vita.
Fino a quel momento non pensavo fosse possibile provare così tante emozioni contrastanti.
Quel giorno è nata mia figlia.
Ho trascorso una gravidanza serena, senza alcun tipo di problema, vivendo giorno per giorno con la leggerezza e la spensieratezza dei miei 29 anni. Pensavo che il parto non mi avrebbe riservato sorprese: siamo una generazione preparata al dolore, al sangue, alle spinte, mi aspettavo tutto questo e conoscendomi lo avrei affrontato con il massimo della determinazione.
Purtroppo nulla di quello che mi aspettavo è successo.
Le contrazioni erano iniziate a mezzanotte ma non volevo assolutamente passare ore e ore in pronto soccorso e quindi, munita di timer, mi sono messa seduta sul divano a contarle.
Quando sono arrivata in ospedale ero già dilatata di 5 cm e in poche ore sono arrivata a 10.
Ecco, mi sono detta, la scena del parto del film sta per iniziare… spingerò un po’ e vedrò la mia piccola Sofia arrotolata nel suo morbido asciugamano rosa, la prenderò in braccio e inizieremo la nostra vita insieme.
Sofia però non era poi così piccola (è nata di 4kg e 200 gr) e la testolina non era proprio messa nel modo giusto per uscire. Le hanno provate tutte.
Mi sono saltati sulla pancia, mi hanno fatto due epidurali (che poi che senso ha?) e io ho spinto per ore, 7 per l’esattezza.
Ero stremata.
Continuavo a vivere questa esperienza assurda come se non fossi veramente io a viverla in prima persona. La vedevo da fuori… non sono io…sta succedendo a qualcun altro!
E poi finalmente un ginecologo serio passa di lì e si rende conto del pericolo che io e la mia bambina stavamo correndo: “Portatela immediatamente in sala operatoria, la bambina è in sofferenza”.
Nonostante l’ordine perentorio, chi mi ha accompagnata in sala operatorio ha avuto il coraggio di farmi spingere per un’altra mezz’ora “Si vede la testa!! Si sente!! Dai che ce la fai”.
Non capivo il perché di questo accanimento, ma come un burattino inanimato obbedivo agli ordini.
Alla fine si sono arresi, il ginecologo serio è tornato “Non l’avete ancora preparata?? Presto!!!”.
Poi la spinale. Poi l’attesa di vederla uscire dalla mia pancia.
I minuti passavano.
Sentivo i discorsi dei medici intorno a me: “Ci mangiamo una pizza dopo?”.
Uno specializzando occhialuto continuava a fissarmi.
Il pianto non arrivava e nessuno mi parlava di lei.
“Come sta mia figlia?”
Una mascherina e due occhi verdi si avvicinano alla mia faccia “Signora la bambina è stata portata via, non stava bene, ma stia tranquilla”
Stare tranquilla? Come se mi fossi risvegliata da un torpore ho iniziato ad urlare “Voglio vedere mia figlia! Dov’è? Fatemela vedere!”.
Poi una maschera sulla mia bocca.
Il buio.
Mi sono svegliata ed ero in una stanza post operatoria.
Mio marito mi teneva la mano fissandomi come si fissa qualcosa che si aspetta da tempo.
I suoi occhi erano rossi, la sua pelle grigia come il marmo.
Entra la pediatra.
“Posso vedere mia figlia?” chiedo.
“Sua figlia è in terapia intensiva signora, sta recuperando. L’abbiamo dovuta rianimare, ora è alimentata da un sondino” .
Con le ultime forze che mi restano provo a domandare “Mio marito può entrare a vederla? Magari mi porta una foto.”
Avevo un bisogno estremo di vederla. Avevo bisogno di sapere che c’era.
“Mi dispiace signora, non è molto bella da vedere, magari domani”.
Ecco, da quel momento in avanti è stato come se la mia mente si fosse staccata dal mio corpo.
Sentivo il dolore ma non provavo niente, forse per protezione.
Dovevo affrontare la situazione. Dovevo superarla.
La notte è passata tra i vagiti e l’odore di neonato misto al latte delle mie compagne di stanza.
Io non ero più io.
Il giorno dopo nonostante avessi cateteri e flebo da far invidia ad un albero di Natale (mi hanno tagliato totalmente la vescica da parte a parte durante il cesareo) mi sono diretta al piano superiore.
La Tin (Terapia Intensiva Neonatale) è stata la mia nuova casa per 5 giorni.
Sofia l’avresti riconosciuta tra mille, era l’unica neonata della sua stazza rispetto agli altri piccoli ospiti.
E’ stata una testa dura dal primo minuto di vita, si è strappata il sondino dopo poche ore e giorno dopo giorno recuperava le forze bevendo il pochissimo latte che con dolore riuscivo a tirarmi.
Il giorno che me l’hanno data in braccio è stato il vero inizio della nostra vita insieme.
Per me tu sei nata in quel momento, nel preciso momento in cui ti ho potuto stringere.
Dopo il primo anno di paure: camminerà? parlerà? (è stata incanalata per tanto tempo e l’ossigeno era poco) ho potuto tirare un sospiro di sollievo.
Sofia il 15 luglio di quest’anno compirà 5 anni ed è una bambina SANA.
È solare, socievole e sempre sorridente. Ha profondi occhi azzurri, tinti leggermente di verde intorno all’iride.
Ha preso la mia musicalità e la mia testardaggine, la pacatezza e la pazienza di suo padre.
Una vita intera di esperienze ci attende e io sarò li al suo fianco tenendole la mano, nel caso ne avesse bisogno, durante la scoperta di questo strano mondo.
La vita di una donna non cambia quando si hanno dei figli, quando si diventa mamme sappiamo solo che non saremo mai più sole e che avremo la fortuna di essere amate incondizionatamente da un altro essere umano per sempre.
Francesca & Sofia